Pia Juul, ho detto, dico, Kolibris 2015

La poetessa danese Pia Juul ha senza dubbio la voce più inconfondibile della poesia danese degli ultimi tre decenni. Leggendo un testo della Juul non c’è mai il dubbio se sia stata lei a scriverlo. La critica danese ha persino inventato un nuovo aggettivo per descrivere il fenomeno e dice tautologicamente che la poesia è “juulsk”, indicando in tal modo da un lato che la voce, il tono, la sintassi e il ritmo delle poesie mescolano lingua quotidiana e modi di dire con forme più “poetiche” – spesso in forma di citazioni dirette e indirette della tradizione letteraria; di quella popolare o di quella alta. Ma d’altro canto indicando anche che la voce delle poesie è a un tempo sorniona e umoristica e carica di pathos e disperazione.

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Abdellatif Laâbi, A ricomporre il colore dei suoi occhi. Poesie e altri testi scelti, 1966-2014

“Le più belle poesie / si scrivono sopra le pietre” scrive Alda Merini, “coi ginocchi piagati / e le mani aguzzate dal mistero.” E Abdellatif Laâbi le sue poesie più belle le ha scritte in una cella di prigione in Marocco, dove è stato confinato in ragione delle sue idee e della sua attività letteraria, dove ha subito le più atroci torture e spietate umiliazioni.

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